Sono rimaste relativamente poche mummie e si calcola che in tutto il mondo ce ne siano appena 1000. Le tecniche moderne permettono di esaminarle senza neppure togliere le bende, ma fino al secolo scorso le mummie venivano sfasciate e in molte collezioni sono esposte mummie "scoperte", dalle quali gli scienziati hanno avuto l’opportunità di ottenere preziose informazioni. Gli esami ai raggi X hanno rilevato diverse malattie, come artriti, gotta e fratture antecedenti o posteriori alla morte. Osservazioni col microscopio elettronico hanno mostrato particelle di sabbia e di carbonio nei polmoni (l’Egitto è sabbioso e ventoso), e infestazioni da parassiti, compresa la bilharzia, che è diffusa ancora oggi. Si tratta di un minuscolo verme che entra nel corpo attraverso la pelle dei piedi e che attacca molti organi, compresi i polmoni e i nervi ottici; in questo caso provoca un’immediata e irreversibile cecità. Quasi tutte le mummie mostrano poi un grave logoramento dei denti: non la carie, ma un’abrasione dello smalto fino alla dentina, provocata anch’essa dalla sabbia presente nei cibi, specie nel pane. Il più sorprendente di tutti gli esperimenti è stata la scoperta recente che nelle cellule dei tessuti mummificati il DNA è ancora intatto: paradossalmente, se fossero clonate, gli antichi egizi riuscirebbero davvero a raggiungere il loro scopo: "vivere per sempre".